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Pellis G., Di Cosmo F.
CONFRONTO FOTOGRAFICO TRA MODELLI DI SNODI MECCANICI CHE RIPRODUCONO
LA MOVIMENTAZIONE DEL GINOCCHIO
16° Congresso Nazionale, Società Italiana di Artroscopia, Genova 2003
Abbiamo voluto valutare quali possono essere le incongruenze tra il moto del ginocchio e quello determinato da diversi tipi di snodi meccanici utilizzati nei tutori mobili, comunemente proposti per una gran parte della traumatologia del ginocchio.
Le nostre considerazioni traggono spunto dal fatto che il movimento del ginocchio ripropone un moto roto-traslatorio: Smidt, 1973; Fumagalli,1977; Marinozzi e Pappalardo, 1977; Kapandji, 1977; Tittel, 1979; Fleischmann, Line, 1981; Nissel, 1985; Insall, 1986, Draganich et al., 1987; Yamaguchi and Zajac, 1989; Melegatti, 1997.
Prendendo come punto di partenza la gamba estesa 0° (Fig. 1), la meccanica articolare prevede che nei primi 25-30° di flessione, il ginocchio abbia un moto di solo rotolamento (Fig. 2); poi (Fig. 3, 4 e 5), il rotolamento si combina con uno scivolamento (in avanti) dei condili femorali sul piatto tibiale che diviene sempre più predominante.
Le nostre considerazioni traggono spunto dal fatto che il movimento del ginocchio ripropone un moto roto-traslatorio: Smidt, 1973; Fumagalli,1977; Marinozzi e Pappalardo, 1977; Kapandji, 1977; Tittel, 1979; Fleischmann, Line, 1981; Nissel, 1985; Insall, 1986, Draganich et al., 1987; Yamaguchi and Zajac, 1989; Melegatti, 1997.
Prendendo come punto di partenza la gamba estesa 0° (Fig. 1), la meccanica articolare prevede che nei primi 25-30° di flessione, il ginocchio abbia un moto di solo rotolamento (Fig. 2); poi (Fig. 3, 4 e 5), il rotolamento si combina con uno scivolamento (in avanti) dei condili femorali sul piatto tibiale che diviene sempre più predominante.
Abbiamo anche considerato alcune opinioni contrarie a quanto sopra riportato, ovvero quelle formulate nei lavori di seguito elencati (Loudon et al, 1998; Putz, 1995; Townsend Ind. Inc., Patent n. EP 0 361 405 A, 04.04.1990; Townsend, Jeffrey H., Williams Robert J., US, patent n. WO 92 15264 A, 17.09.92), fondate sull’ipotesi che nella flesso-estensione il moto del ginocchio sia trasla-rotatorio, ovvero consista inizialmente in uno scivolamento anteriore del femore sulla tibia di circa 8-9 mm (per un arco di 20-25°), al quale segue una fase di rotazione.
MATERIALI E METODI
Per poter effettuare il nostro studio, come primo punto, abbiamo ricostruito un modello monoplanare del ginocchio in materiale plastico che riproduceva il profilo del femore e della tibia, rispettando le dimensioni medie dell’articolazione di un adulto. Successivamente abbiamo scelto 4 diversi tipi di snodo utilizzati per la costruzione di ginocchiere armate su ognuno dei quali abbiamo fissato un modello monoplanare.
DESCRIZIONE MECCANICA DEGLI SNODI
E’ noto che lo snodo utilizzato in un tutore del ginocchio è formato da un’articolazione meccanica collegata a due bracci, uno superiore, al quale è stato fissato il profilo femorale, ed uno inferiore, al quale è stato fissato il profilo tibiale.
MATERIALI E METODI
Per poter effettuare il nostro studio, come primo punto, abbiamo ricostruito un modello monoplanare del ginocchio in materiale plastico che riproduceva il profilo del femore e della tibia, rispettando le dimensioni medie dell’articolazione di un adulto. Successivamente abbiamo scelto 4 diversi tipi di snodo utilizzati per la costruzione di ginocchiere armate su ognuno dei quali abbiamo fissato un modello monoplanare.
DESCRIZIONE MECCANICA DEGLI SNODI
E’ noto che lo snodo utilizzato in un tutore del ginocchio è formato da un’articolazione meccanica collegata a due bracci, uno superiore, al quale è stato fissato il profilo femorale, ed uno inferiore, al quale è stato fissato il profilo tibiale.
SNODO A CENTRO FISSO
Consiste in un perno centrale che propone un moto rotatorio attorno ad un punto.
Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà, attorno al perno centrale, un moto rotatorio.
Consiste in un perno centrale che propone un moto rotatorio attorno ad un punto.
Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà, attorno al perno centrale, un moto rotatorio.
SNODO A DOPPIO CENTRO
I due bracci vengono posti a contatto tra loro con un estremo, ognuno dei quali presenta un profilo arrotondato e disegnato a ruota dentata. Al centro di ogni singolo arrotondamento è posto un perno in modo che ad un movimento di rotazione di un braccio, attorno al proprio perno, corrisponda un analogo movimento, nel senso opposto, dell’altro braccio
Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà un moto cicloide retrogrado.
I due bracci vengono posti a contatto tra loro con un estremo, ognuno dei quali presenta un profilo arrotondato e disegnato a ruota dentata. Al centro di ogni singolo arrotondamento è posto un perno in modo che ad un movimento di rotazione di un braccio, attorno al proprio perno, corrisponda un analogo movimento, nel senso opposto, dell’altro braccio
Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà un moto cicloide retrogrado.
SNODO A CENTRO DI ROTAZIONE SALTATA
È composto da una piastra principale, collegata al braccio superiore, che presenta due scanalature, una centrale (trasversale) di piccole dimensioni e una periferica (circolare) di grandi dimensioni; ogni scanalatura alloggia e guida un proprio perno, fissato su una piastra esterna.
Durante i primi 25° di flessione, il fulcro è il perno alloggiato nell’estremità superiore della scanalatura circolare e costringe il primo perno posizionato nella scanalatura trasversale a spostarsi avanti per tutta la lunghezza della scanalatura stessa (traslazione lineare 8-9 mm), simulando lo scivolamento anteriore dei condili femorali rispetto al piatto tibiale. Nella seconda fase della flessione (dai 25° ai 120°) il fulcro salta sul secondo perno alloggiato alla fine della scanalatura lineare attorno al quale lo snodo sviluppa la sua traiettoria circolare guidata dal perno alloggiato nella scanalatura circolare. Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà un moto trasla-rotatorio..
È composto da una piastra principale, collegata al braccio superiore, che presenta due scanalature, una centrale (trasversale) di piccole dimensioni e una periferica (circolare) di grandi dimensioni; ogni scanalatura alloggia e guida un proprio perno, fissato su una piastra esterna.
Durante i primi 25° di flessione, il fulcro è il perno alloggiato nell’estremità superiore della scanalatura circolare e costringe il primo perno posizionato nella scanalatura trasversale a spostarsi avanti per tutta la lunghezza della scanalatura stessa (traslazione lineare 8-9 mm), simulando lo scivolamento anteriore dei condili femorali rispetto al piatto tibiale. Nella seconda fase della flessione (dai 25° ai 120°) il fulcro salta sul secondo perno alloggiato alla fine della scanalatura lineare attorno al quale lo snodo sviluppa la sua traiettoria circolare guidata dal perno alloggiato nella scanalatura circolare. Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà un moto trasla-rotatorio..
SNODO A CENTRO DI ROTAZIONE VARIABILE KTJ©
È formato da due piastre, una delle quali ha due scanalature; la prima di piccole dimensioni è posta al centro della piastra stessa che si allunga linearmente verso il basso, mentre la seconda inizialmente (da 0 a 30°) ha una forma circolare che successivamente diventa una spirale rientrante verso il centro della piastra stessa.
L’altra piastra presenta due perni, il primo viene inserito nella scanalatura lineare, mentre il secondo viene collocato in quella curvilinea. Ogni piastra è collegata ad un relativo braccio (femorale e tibiale); nel movimento di flessione, quindi, lo snodo determina un iniziale movimento rotatorio che dopo i 30° viene combinato con uno scivolamento determinato dalla parte a spirale dell’apertura periferica . Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà un moto roto-traslatorio.
È formato da due piastre, una delle quali ha due scanalature; la prima di piccole dimensioni è posta al centro della piastra stessa che si allunga linearmente verso il basso, mentre la seconda inizialmente (da 0 a 30°) ha una forma circolare che successivamente diventa una spirale rientrante verso il centro della piastra stessa.
L’altra piastra presenta due perni, il primo viene inserito nella scanalatura lineare, mentre il secondo viene collocato in quella curvilinea. Ogni piastra è collegata ad un relativo braccio (femorale e tibiale); nel movimento di flessione, quindi, lo snodo determina un iniziale movimento rotatorio che dopo i 30° viene combinato con uno scivolamento determinato dalla parte a spirale dell’apertura periferica . Tenendo vincolato il braccio tibiale, quello femorale, nella flessione, eseguirà un moto roto-traslatorio.
IL CENTRO INIZIALE DI ROTAZIONE
Per determinare un punto di riscontro comune a tutti gli snodi con il quale poter uniformare il posizionamento dei modelli di plastica rispetto al relativo snodo meccanico, è stato preso in considerazione il centro iniziale di rotazione individuato secondo il metodo impostato da Nietert (1976).
Tale punto può essere individuato misurando la lunghezza antero-posteriore del condilo femorale. Un terzo di tale misura è stata posta come distanza alla quale tracciare la parallela alla tangente al profilo posteriore del condilo femorale e la parallela alla tangente al suo profilo inferiore. L’intersezione delle due parallele, individua il centro iniziale di rotazione.
Nei modelli, tale riferimento si è potuto applicare sullo snodo a centro fisso, su quello a centro di rotazione variabile (impostando la posizione iniziale del perno centrale come centro iniziale) e su quello a centro saltato (impostando la posizione iniziale del perno centrale come centro iniziale), mentre non è stato possibile per lo snodo a doppio centro, in quanto il movimento viene sempre a svilupparsi attorno ai due centri.
Per determinare un punto di riscontro comune a tutti gli snodi con il quale poter uniformare il posizionamento dei modelli di plastica rispetto al relativo snodo meccanico, è stato preso in considerazione il centro iniziale di rotazione individuato secondo il metodo impostato da Nietert (1976).
Tale punto può essere individuato misurando la lunghezza antero-posteriore del condilo femorale. Un terzo di tale misura è stata posta come distanza alla quale tracciare la parallela alla tangente al profilo posteriore del condilo femorale e la parallela alla tangente al suo profilo inferiore. L’intersezione delle due parallele, individua il centro iniziale di rotazione.
Nei modelli, tale riferimento si è potuto applicare sullo snodo a centro fisso, su quello a centro di rotazione variabile (impostando la posizione iniziale del perno centrale come centro iniziale) e su quello a centro saltato (impostando la posizione iniziale del perno centrale come centro iniziale), mentre non è stato possibile per lo snodo a doppio centro, in quanto il movimento viene sempre a svilupparsi attorno ai due centri.
La documentazione fotografica
Per ogni singolo modello sono state fatte una serie di fotografie a vari gradi di flessione: 0, 30, 60, 90, 110.
Su ogni modello sono stati posti dei marcatori a distanza standard per poter evidenziare le eventuali incongruenze di traiettoria tra il movimento reale riportato nelle radiografie, e quello determinato da ogni singolo snodo.
Per ogni singolo modello sono state fatte una serie di fotografie a vari gradi di flessione: 0, 30, 60, 90, 110.
Su ogni modello sono stati posti dei marcatori a distanza standard per poter evidenziare le eventuali incongruenze di traiettoria tra il movimento reale riportato nelle radiografie, e quello determinato da ogni singolo snodo.
Per un confronto più evidente, comunque, sono stati inizialmente ricalcati i contorni dei profili articolari dei modelli nelle varie posizioni e sovrapposti a quelli reali radiografico (sfondo opaco).
PROFILO RADIOGRAFICO
PROFILO RADIOGRAFICO
Differenza tra il profilo radiografico e lo snodo con il centro fisso.
Si può notare come la sagoma del modello, al chiudersi della flessione, si porta in avanti ed in alto.
Da studi recenti si è stabilito che lo spostamento in alto corrispondeva ad un valore medio di 4,99 mm.
Si può notare come la sagoma del modello, al chiudersi della flessione, si porta in avanti ed in alto.
Da studi recenti si è stabilito che lo spostamento in alto corrispondeva ad un valore medio di 4,99 mm.
Differenza tra il profilo radiografico e lo snodo con il doppio centro.
L'ombra del modello, a fine flessione, si trova in una posizione marcatamente arretrata ed addirittura più in basso rispetto al piatto tibiale disegnato dal profilo radiologico.
Differenza tra il profilo radiografico e lo snodo con il centro saltato.
Il modello alla fine della flessione si trova in una posizione notevolmente avanzata e sollevata rispetto al profilo radiografico.
Il modello alla fine della flessione si trova in una posizione notevolmente avanzata e sollevata rispetto al profilo radiografico.
Differenza tra il profilo radiografico e lo snodo con il centro variabile di rotazione KTJ©.
In ogni fase della flessione il modello si trova sempre in una posizione molto simile a quella del profilo radiologico.
In ogni fase della flessione il modello si trova sempre in una posizione molto simile a quella del profilo radiologico.
CONCLUSIONI
Dalla nostra indagine risulta evidente che il ginocchio ha un moto roto-traslatorio durante il quale, dopo i 30° di flessione, il condilo femorale scivola anteriormente ed in modo progressivo sul piatto tibiale. Tale moto, quindi, dovrebbe essere riproposto in qualunque tipo di apparecchiatura o snodo meccanico che, per problemi fisioterapici, deve accompagnare il ginocchio nel suo movimento.
Al contrario, se il ginocchio viene vincolato ad un'articolazione meccanica che non riproduce tale moto roto-traslatorio, i capi articolari tenderanno ad essere trascinati dallo stesso dispositivo sulla traiettoria di quest'ultimo, creando all'interno del ginocchio degli allontanamenti con tensioni che si scaricano sulle strutture articolari quali i legamenti, in particolare i crociati, la capsula, i menischi e le cartilagini.
Dalla nostra indagine risulta che lo snodo a centro di rotazione variabile è quello che meglio propone un movimento che riproduce la gerarchia di intervento tra la progressività dei moti di rotolamento e di scivolamento.
Questo fa sì che la gamba ed il supporto meccanico a lei collegato, restino perfettamente su traiettorie parallele in modo che, in qualsiasi fase del movimento, ogni punto di contatto gamba-dispositivo meccanico resti sempre perfettamente corrispondente. Ciò evita qualsiasi tipo di trazione del dispositivo meccanico sulle strutture deboli articolari ed evita l'insorgenza di tensioni all'interno del ginocchio.
In conclusione vogliamo far riferimento ai punti principali che sono riportati nel “Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 - Allegato I – Requisiti Essenziali. – Requisiti Generali” relativi alla normativa per la certificazione CE:
1.- i dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori,
2.- le soluzioni adottate dal fabbricante per la progettazione e la costruzione dei dispositivi devono attenersi a principi di rispetto della sicurezza, tenendo conto dello stato di progresso tecnologico generalmente riconosciuto.
Dalla nostra indagine risulta evidente che il ginocchio ha un moto roto-traslatorio durante il quale, dopo i 30° di flessione, il condilo femorale scivola anteriormente ed in modo progressivo sul piatto tibiale. Tale moto, quindi, dovrebbe essere riproposto in qualunque tipo di apparecchiatura o snodo meccanico che, per problemi fisioterapici, deve accompagnare il ginocchio nel suo movimento.
Al contrario, se il ginocchio viene vincolato ad un'articolazione meccanica che non riproduce tale moto roto-traslatorio, i capi articolari tenderanno ad essere trascinati dallo stesso dispositivo sulla traiettoria di quest'ultimo, creando all'interno del ginocchio degli allontanamenti con tensioni che si scaricano sulle strutture articolari quali i legamenti, in particolare i crociati, la capsula, i menischi e le cartilagini.
Dalla nostra indagine risulta che lo snodo a centro di rotazione variabile è quello che meglio propone un movimento che riproduce la gerarchia di intervento tra la progressività dei moti di rotolamento e di scivolamento.
Questo fa sì che la gamba ed il supporto meccanico a lei collegato, restino perfettamente su traiettorie parallele in modo che, in qualsiasi fase del movimento, ogni punto di contatto gamba-dispositivo meccanico resti sempre perfettamente corrispondente. Ciò evita qualsiasi tipo di trazione del dispositivo meccanico sulle strutture deboli articolari ed evita l'insorgenza di tensioni all'interno del ginocchio.
In conclusione vogliamo far riferimento ai punti principali che sono riportati nel “Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 - Allegato I – Requisiti Essenziali. – Requisiti Generali” relativi alla normativa per la certificazione CE:
1.- i dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori,
2.- le soluzioni adottate dal fabbricante per la progettazione e la costruzione dei dispositivi devono attenersi a principi di rispetto della sicurezza, tenendo conto dello stato di progresso tecnologico generalmente riconosciuto.
Ulteriori considerazioni
I dati esposti dimostrano come lo snodo a centro variabile sia quello che maggiormente rispetta la dinamica articolare del ginocchio, almeno per quanto riguarda i reciproci rapporti articolari fra i condili femorali ed i piatti tibiali.
Ciò comporta, quando lo snodo sia applicato ad un tutore ortopedico, un maggior rispetto delle strutture anatomiche articolari e periarticolari.
Quanto osservato tende a confermare che la precisa sovrapposizione tra il tracciato del profilo radiologico e quello del modello collegato con lo snodo a centro di rotazione variabile, evidenzia una marcata similitudine tra le due traiettorie, similitudine che fa dedurre anche la sovrapposizione del centro istantaneo di rotazione e la sua conseguente perpendicolarità rispetto alle superfici articolari ad ogni grado di flessione.