la bio-meccanica della cartilagine
La cartilagine articolare è un tessuto composto da fibre collagene immerse in una matrice di proteoglicani; non e innervata e non possiede vasi sanguigni. Gli unici elementi cellulari sono i condrociti, specializzati a vivere in un ambiente continuamente sollecitato.
I condrociti sono longevi e, in condizioni normali, terminano di moltiplicarsi alla fine della crescita, mantenendo il loro numero inalterato per il resto della vita. La cartilagine articolare ha scarse capacità intrinseche di riparazione e ogni difetto di tale tessuto tende a non guarire degenerando con il tempo in artrosi. L’esercizio può ritardare questo processo in quanto i condrociti sono in grado di rispondere positivamente agli stimoli meccanici anche se la risposta delle cellule cartilaginee sarà differente in base all’intensità degli stimoli meccanici somministrati e dalla sua costituzione. La cartilagine articolare è composta principalmente da acqua (68-85%), collagene (10-20%) e proteoglicani (5-10%) che agiscono insieme; in particolare il comportamento meccanico dipende dalla quantità di collagene e dalla esposizione nello spessore della cartilagine stessa. |
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Microscopicamente la cartilagine può essere suddivisa in 4 zone in base all’organizzazione del collagene e dalla densità di proteoglicani: la prima zona (superficiale che equivale al 10-20% dello spessore) ha il più alto contenuto di collagene (85%) e le fibrille sono orientate rallelamente alla superficie; il sistema fibrillare assume nel complesso la morfologia ad archi multipli e le fibre di collagene si intersecano fittamente tra loro per costituire una rete tridimensionale negli nterstizi della quale viene “trattenuta” la componente liquida.
Quando, a causa di forze di compressione, l’acqua contenuta nel sistema fibrillare viene premuta fuori generando forze di trascinamento tra la componente liquida e la matrice solida che crescono al crescere della compressione e rendono più difficile il trasudamento.
La cartilagine, quindi, si irrigidisce all’aumentare del carico.
Il grado di compattazione dei proteoglicani influisce sul moto dei fluidi durante la compressione e quindi sulla permeabilità quale resistenza del flusso attraverso la matrice cartilaginea. In particolare, quando la cartilagine è sottoposta a compressione si viene a determinare un attrito viscoso dovuto alle resistenze che il fluido interstiziale incontra nel suo movimento. Sotto carchi crescenti, il flusso di fluido diminuisce e con essa la permeabilità che accompagna la compressione che è lo stress meccanico che agisce sulle cartilagini articolari del ginocchio durante la deambulazione che è la principale azione motoria per lo spostamento.
Quando, a causa di forze di compressione, l’acqua contenuta nel sistema fibrillare viene premuta fuori generando forze di trascinamento tra la componente liquida e la matrice solida che crescono al crescere della compressione e rendono più difficile il trasudamento.
La cartilagine, quindi, si irrigidisce all’aumentare del carico.
Il grado di compattazione dei proteoglicani influisce sul moto dei fluidi durante la compressione e quindi sulla permeabilità quale resistenza del flusso attraverso la matrice cartilaginea. In particolare, quando la cartilagine è sottoposta a compressione si viene a determinare un attrito viscoso dovuto alle resistenze che il fluido interstiziale incontra nel suo movimento. Sotto carchi crescenti, il flusso di fluido diminuisce e con essa la permeabilità che accompagna la compressione che è lo stress meccanico che agisce sulle cartilagini articolari del ginocchio durante la deambulazione che è la principale azione motoria per lo spostamento.
Le compressioni alternate
MK Barker e BB Seedhom (2000), hanno analizzato in laboratorio il comportamento della cartilagine sottoponendo campioni della stessa a compressioni alternateal pari di quanto avviene durante la deambulazione. Dai loro risultati appare che inizialmente, quando la superficie della cartilagine è sollecitata con carichi alternati, l'acqua essudata durante la fase di carico non viene totalmente riassorbita durante la fase di recupero, ovvero la cartilagine non compensa completamente la deformazione ricevuta. Con il proseguire del numero delle fasi carico/recupero, invece, si ha una riduzione di perdita della quantità di liquido: la cartilagine durante la compressione rilascia una quantità di acqua pari a quanto ne riassorbe nella fase di scarico. |
Si ha quindi una deformazione istantanea della matrice solidadurante il caricamento seguita da un recupero istantaneo ed uguale di forma durante la fase di scarico.
Durante tale comportamento, definito “elastico”, si evidenzia una minima deformazione determinata dalla essudazione e conseguente assorbimento di piccoli ed uguali volumi di liquidi che dipendono dall’attrito viscoso.
La "visco-elasticità", quindi, determina un effetto di“ammortizzatore” realizzato in funzione dell’alternanza dei carichi verticali che agiscono durante la deambulazione.
Durante tale comportamento, definito “elastico”, si evidenzia una minima deformazione determinata dalla essudazione e conseguente assorbimento di piccoli ed uguali volumi di liquidi che dipendono dall’attrito viscoso.
La "visco-elasticità", quindi, determina un effetto di“ammortizzatore” realizzato in funzione dell’alternanza dei carichi verticali che agiscono durante la deambulazione.
L’anisotropia La cartilagine è un tessuto con proprietà anisotrope che resiste prevalentemente alla compressione esercitata da forze verticali come studiato da Jurvelin JS, Buschmann MD, Hunziker EB nel lavoro “Anisotropia meccanica della cartilagine articolare del ginocchio umano in compressione” (2003). Ricordando che l’anisotropia è la proprietà meccanica per la quale un materiale ha caratteristiche che dipendono dalla direzione lungo la quale le forze agiscono, con specifico riferimento al ginocchio, gli Autori affermano che “l’anisotropia durante la compressione (esercitata in direzione ortogonale al punto di contatto articolare) può essere essenziale per la funzione della cartilagine… Questa proprietà deve essere considerato nello sviluppo di avanzati modelli teorici per la biomeccanica della cartilagine”. |
Pare pertinente anche riportare che MK Barker e BB Seedhom (2000), in merito all’ambiente nel quale le cartilagini lavorano, affermavano che: “il liquido sinoviale, soprattutto in condizioni di carico statico, consente prestazioni nettamente migliori”.
Peraltro, le prestazioni delle cartilagini articolari dipendono anche dal tipo di liquido sinoviale presente nella articolazione che, costituito da plasma sanguigno, ialuronati e glicoproteine, agisce come lubrificante e fornisce nutrimento alle cartilagini.
Peraltro, le prestazioni delle cartilagini articolari dipendono anche dal tipo di liquido sinoviale presente nella articolazione che, costituito da plasma sanguigno, ialuronati e glicoproteine, agisce come lubrificante e fornisce nutrimento alle cartilagini.
L’adattamento ai carichi verticali
Il concetto più rilevante per lo sviluppo di un razionale protocollo riabilitativo, si basa su quanto riscontrato sperimentalmente da MK Barker e BB Seedhom (2000) che affermavano: “tutti i componenti costituenti la matrice della cartilagine si adattano in funzione delle compressioni deformanti ” in particolare a quelle forze che vengono esercitate perpendicolarmente al piano superficiale come accade nella deambulazione.
E’ sul concetto di adattabilità che la cartilagine nel protocollo riabilitativo viene associata ad una qualsiasi funzione biologica: se il tessuto cartilagineo, infatti, non può rigenerarsi, sarà quello vecchio rimasto integro che, se stimolato correttamente (rispettando il concetto di anisotropia) e secondo i principi che regolano l’adattamento organico, potrà riadattarsi alla nuova situazione aumentando la sua efficienza e funzionalità.
Il concetto più rilevante per lo sviluppo di un razionale protocollo riabilitativo, si basa su quanto riscontrato sperimentalmente da MK Barker e BB Seedhom (2000) che affermavano: “tutti i componenti costituenti la matrice della cartilagine si adattano in funzione delle compressioni deformanti ” in particolare a quelle forze che vengono esercitate perpendicolarmente al piano superficiale come accade nella deambulazione.
E’ sul concetto di adattabilità che la cartilagine nel protocollo riabilitativo viene associata ad una qualsiasi funzione biologica: se il tessuto cartilagineo, infatti, non può rigenerarsi, sarà quello vecchio rimasto integro che, se stimolato correttamente (rispettando il concetto di anisotropia) e secondo i principi che regolano l’adattamento organico, potrà riadattarsi alla nuova situazione aumentando la sua efficienza e funzionalità.